(Giovanni Niario Verdizotti, ein Geiftlicher, aus Penedig, lebte in der zweiten Hälfte des fechszehnten Jahr: hunderts, schrieb, außer mehrerlei Gedichten, hundert Fa: , beln in Versen, deren Inhalt er aus altern und neuern Griechen und Némern entlehnte. Auch he find, besonders in dem moralischen Theile, zu redselig und gedehnt. Ihre Ausgabe von 1870. in 4. ist auch der von dem Dichter felbft verfertigten Holzschnitte wegen merkwürdig, deren Zeichnung von einigen dem Tizian beigelegt wird ,. aus deffen S ule Verdizotti war.)
IL LEONE, L'ASINO, ELA VOLPE.
Il possente Leon, l'astuta Volpe E'I semplice Afinel venner d'accordo D'esser compagni, e divider tra loro Quel che ciascun di lor prendefle in caccia. E fatto un giorno assai copiofo preda, E sendo à l'Asinel toccato in forte Il far le parti del commun guadagno Il tutto giustamente in tre divise: Perchè ciascun il suo dovere havesse. Ma il fuperbo Leon questo vedendo Arse nel cor tutto di rabbia e sdegno; E'l miser divifor tosto accufando D'iniquità, d'inganno, e di malizia, Lacerò tutto, e con vorace brama Ne faziò la scelerata fame. Poi volto in atto furibondo e fiero A la Volpe, che attonita mirava
Quel caso strano, e di nequizia pieno, Con parlar orgoglioso le commerle, Che in giuste parti dividesse il tutto. Ond' ella accorta da l'altrui ruina Quasi tutta la preda in un racolfe, Per farla del Leone debita parte; E presen tolla à la superba fiera,
E poco più di nulla à se ritenne. Allor l'altiero d'allegrezza pieno Le disse: Ove, sorella, hai così bene Appresa del divider la ragione, Che con tanta dottrina hor m'hai dimostro? A cui l'astuta umilmente rispose: De l’Asino lo strazio, e'l trifto fine Dato m’hà de le leggi la dottrina, Ch'à ben partir quel, ch'è comune, insegna; E m'ha fatto legista in un momento. Così l'uom spesso à l'altrui spese impara Nelle occorenze perigliose e strane Il ritrovar la via di sua salute Senza tema di biasmo, o d'alcun danno.
Se vuoi del tuo mestier cavar guadagno, D'un tuo maggiore non ti far compagno.
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(Von dem Abt miarchese Roberti hat man drei Sammlungen dropischer Fabeln, deren erste er ohne Namen, und die leßte unter dem angenommenen Namen, Basilio Grazioso, herausgab. Vor jener steht eine Abhandlung über die Theorie der Fabel, über den Werth seiner Vorgan: ger, und über seine eigenen Versuche, die größtentheils gang glückliche Nachahmungen phåbrischer Fabeln, in der neues ften Sammlung aber auch zum Theil von seiner eigenen Ers findung find.)
D'ogni carezza pristina
Fuori in rimoto loco Vive l'Augello immemore Fra il canto e il riso e il gioco.
Talor fame lo stimola,
Pur deride giocondo L'antica lauta copia
Del pronto miglio biondo. Se un colle o un prato è forido ,
Se limpido è un ruscello, Ei vagabondo e instabile
Visita questo e quello. Sempre fra stormo e crocchio
Di Augelli libertini Sollazza in feste e in giolito,
Nè vuol leggi o confini. Sedotto dalle amabili
Tresche ne va giojoso Dove verdeggia armonico
Un Rocolo ingannoso. Mà, poichè dentro pendulo
Alla sottile ragna Ei fi dibatte e palpita,
Allora fol fi lagna. E mentre un duro pollice
A lui la tempia molle Inesorabil schiaccia,
Se riconosce un folle. Anzi è fama che il misero
In ful morir parlafle, E il nome in mezzo al gemite Di Clori pronunziasse.
IL GATTO, E IL FORMAGGIO.
Col teso orecchio il timido gastaldo Nell' unta sua, dispensa un rumor ode, E s'accorge che un forcio ingordo e baldo Da un buco entrato con secreta frode Per esercizio del suo dente saldo, Un marzolin pinguisfimo fi rode: e saggio Chiude entro il Gatto, e il Gatto prode Uccise il topo,, e poi mangiò il Formaggio,
Un avido Alleato talor noce Più che il nemico torbido e feroce.
(Einer der glüdlichften neuern Fabulisten der Italianer ift Don Lorenzo Pignotti, von deffen Fabeln, mit drei poetischen Erzählungen oder Novellen begleitet, die fünfte Ausgabe 1785 zu Lukka, in klein 8 erschien.
Sie find, theils original, theils Nachahmungen franzdfischer und engs lischer Dichter, angenehm durch die Leichtigkeit der Schreibs Art und des Versbaues.)
Quid fruftra fimulacra fugacia ceptas? Quod peris, est nusquam; quod amas, avertere, perdes.
OVID Ad onta dei Filosofi Che l'umana ragione onoran tanto Di doti sì ammirande, Il numero de pazzi è molto grande. V'han de' pazzi infolenti,
V'han de' pazzi innocenti: Y’han de' pazzi furiofi, Ch' eller denno legati; V'han de' pazzi graziofi, Che vanno accarezzati, Che senza alzar le mani Con detti, e fatti strani, E coll' umor giocondo Diverton tutto il mondo. Ora fra questo numero Più piacevoli pazzi io non ho visti Di quei che fon chiamati i Progettisti. Chi senza uscir di camera, Dall' agil fantasia portato a volo
l'océano Dall'uno all' altro polo, Senza timor del vento, E torna a casa ricco in un momento. Chi un canal va scavando, Chi uno stagno asciugando, Chi stabilisce in queste parti e in quelle, Colonie, arti novelle. Chi un iftmo romper vuole, E con non altre spese Che di poche parole Arrichisce un paese: Per costoro sia detta Questa mia favoletta.
Visle di Costantino Nella ricca Cittade Un Turco di cervel non molto fino, Che per
fin dalla culla Altro non fe che il placido mestiere Di mangiare e di bere, e non far nulla, Ma morto il di lui Padre, fu finita Cofi commoda vita, E bisognò trovare Qualche via di campare. Il buono All (ch'era così chiamato)
Col denaro assai scarfo ritrovato Beisp. S, 1.B.
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