Di fopra vi narrai, che ne la grotta Avea trovato Orlando una donzella; E che le dimandò, ch' ivi condotta L'aveffe. Or feguitando dico, ch'ella (Poi che più d'un finghiozzo l'ha interrotta) Con dolce, e foaviffima favella,
Al Conte fa le fue fciagure note Con quella brevità, che meglio puote.
Benchè io fia certa (dice) o cavaliero, Ch' io porterò del mio parlar fupplizio; Perchè a colui, che qui m'ha chiufa, fpero, Che coftei ne darà fubito indizio; Pur fon difpofta non celarti il vero, E vada la mia vita in percipizio;
E che aspettar pofs' io da lui più gioja, Che fi difponga un dì voler, ch' io muoja?
Ifabella fon io, che figlia fui. Del Re malfortunato di Galizia; Ben diffi fui, ch' or non fon più di lui, Ma di dolor, d'affanno, e di mestizia; Colpa d'Amor, ch' io non faprei di cui Dolermi più, che de la fua nequizia; CHE dolcemente ne i principi applaude, E teffe di nafcofto inganno, e fraude.
Gia mi vivea di mia forte felice, Gentil, giovane, ricca, onefta, e bella; Vile, e povera or fono, or infelice, E, s'altra e peggior forte, io fono in quella. Ma voglio fappi la prima radice,
Che produffe quel mal, che mi flagella; E, ben ch' ajuto da te non efca,
Poco non mi parrà, che te n'increfca.
Mio padre fe' in Bajona alcune giostre, Effer denno oggimai dodici mefi; Traffe la fama ne le terre noftre
Cavalieri a gioftrar di più paefi:
Fra gli altri (o fia ch' Amor così mi moftre, O che virtù pur fe fteffa palefi)
Mi parve da lodar Zerbino folo,
Che del gran Re di Scozia era figliuolo.
Il qual poi che far prove in campo vidi Miracolofe di cavalleria,
Fui prefa del fuo amore, e non m'avvidi, Ch' io mi conobbi più non effer mia: E pur, ben che'l fuo amor così mi guidi, Mi giova fempre avere in fantafia,
Ariosto. Ch' io non mifi il mio core in luogo immondo, Ma nel più degno, e bel, ch' oggi fi al mondo.
Zerbino di bellezza e di valore Sopra tutti i Signori era eminente. Moftrommi, e credo mi portaffe amore, E che di me non foffe meno ardente. Non ci mancò chi del comune ardore Interprete fra noi foffe fovente, Poi che di vista ancor fummo disgiunti, Che gli animi reftar fempre congiunti.
Però che, dato fine a la gran fefta, Il mio Zerbino in Scozia fe' ritorno. Se fai, che cofa è Amor, ben fai che mefta Reftai, di lui penfando notte, e giorno; Ed era certa, che non men molefta Fiamma intorno il fuo cor facea foggiorno. Egli non fece al fuo defio più fchermi, Se non, che cercò via di feço avermi.
E perchè vieta la diverfa fede, Effendo egli Criftiano, io Saracina,
Ch' al mio padre per moglie non mi chiede,
Per furto indi levarmi fi deftina.
Fuor de la ricca mia patria, che fiede
Tra verdi campi a lato a la marina, Aveva un bel giardin fopra una riva, Che i colli intorno, e tutto il mar fcopriva,
Le parve il luogo a fornir ciò difpofto;
Che la diverfa religion ci vieta,
E mi fa faper l'ordine, che poftq
Avea di far la noftra vita lieta. Appreffo a Santa Marta avea nascosto Con gente armata una galea fecreta, In guardia d'Odorico di Bifcaglia, In mare, e in terra maftro di battaglia.
Ne potendo in perfona far l'effetto, Perch' egli all' ora era dal padre antico A dar foccorfo al Re di Francia aftretto, Manderia in vece fua quefta Odorico, Che fra tutti i fedeli amici eletto
S'avea pe'l più fedele, e pe'l più amico. E ben effer dovea, SE i benefici Semper hanno forza d'acquistar gli amici.
Verria coftui fopra un naviglio armato
Al terminato tempo indi a levarmi; E così venne il giorno defiato,
Che dentro il mio giardin lasciai trovarmi. Odorico la notte accompagnato
Da gente valorofa a l'acqua, e a l'armi Smontò ad un fiume a la città vicino, E venne chetamente al mio giardino.
Quindi fui tratta a la galea fpalmata
Prima, che la città n'aveffe avvifi; De la famiglia ignuda, e difarmata Altri fuggiro, altri reftaro uccifi, Parte cattiva meco fu menata. Così da la mia terra io mio divifi, Con quanto gaudio, non ti potrei dire, Sperando in breve il mio Zerbin fruire.
Voltati fopra Mongia eramo a pena, Quando ci affalle a la finiftra fponda Un vento, che turbò l'aria ferena,
E turbò il mare, e al cielo gli levò l'onda. Salta un Maeftro, ch' a traverso mena, E crefce ad ora, e foprabbonda;
F crefce, e foprabbonda con tal forza, Che val poco alternar poggia con orza.
Non giova calar vele, e l'arbor fopra Corfia legar, nè ruinar caftella; Che ci veggiam (mal grado) portar sopra Acuti fcogli, appreffo a la Rocella: Se non ci ajuta quel, che fta di sopra Ci fpinge in terra la crudel procella; Il vento rio ne caccia in maggior fretta, Che d'arco mai non fi avventò faetta.
Vide il periglio il Bifcaglino, e a quello Ufò un rimedio, che fallir fuol spesso : Ebbe ricorfo fubito al battello;
Caloffi, e me calar fece con effo:
Scefer due altri, e ne fcendea un drappello,
Se i primi fcefi l'aveffer conceffo;
Ma con le fpade li tenner difcofto, Tagliar la fune, e ci allargammo tofto.
Fummo gittati a falvamento al lito Noi, che del pali fchermo eramo fcefi; Periron gli altri col legno fdrucito; In preda al mare andar tutti gli arnefi. A l'eterna bontade, a l'infinito Amor, rendendo grazie, le man stefi,
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