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Sortinguerra,

38.

Ma in fine ora con foco, or con penuria
Fa tanto l'inimico, che fi arrende;
E tanti colpi mena e con tal furia
Il villano, che il piu cade e fi rende.
Tempo verrà, che non paratti ingiuris
Di fare all' amor mio, e meno orrende.
Ti faran l'ombre de' traditi numi,
Perdute nel fulgor di que' bei lumi.

39.

Ma pria che ciò il deftin veder mi faccia,
Vo' che la terra, ovvero il mar m'ingoi.
Qui taccio, e il pianto a gli occhi mi ei s'affaccia,
Queta (grida Tangil) gli fdegni tuoi.

E me' che può m'accarezza ed abbraccia,
E dice: A che temer, cara, tu vuoi
Di quel che certo non farà già mai?
E s'io parlo di cor, fola tu il fai.

40.

Mentre ftiam noi così fedeli amanti,
E fra noi ci giuriam perpetuo amore;
Ecco due fieri ed orridi Giganti,

Che prendono un Tangile con furore,
L'altro me prende, che mi sfaccio in pianti:
E in un carcer profondo e pien d'orrore
Meffo è Tangile, e in una rocca forte
Pofta fon io, e ferrano le porte.

41.

Quel che avveniffe poi al mio marito,
Nol fo di certo, ma me lo figuro;

Che un fteffo inganno fu ad entrambi ordito:
Udite quale. Al chiaro ed all' ofcuro

Pinoro a me venia d'amor ferito;

E non lasciava voci facre e giuro,

Per

Per indurmi a volerlo per ifpofo,
Ora in atto crudele, ora pietofo.

Sortinguerra

42.

Ma quando egli s'accorfe, che rendea
Le reti a'venti, e feminava il lido,
E che nel mare i folchi fuoi traea;
Muto penfiero, e con parlare infido
Mi diffe un dì, che già ch' egli vedea.
Ch' io aveva il cor troppo amorofo e fido,
Volea lafciarmi, e in fin reftituire

Al mio conforte, e poi di duol morire.

43.

E in fatti il giorno appreffo a me portoffe,
E difle: Filomena ho ftabilito,

Che doman tu ti abbelli in vefti roffe,
O celefti, o in quai più n'hai l'appetito ;
Che quefte che tu hai, fon troppo groffe,
Nè fi confanno a chi vanne a marito.
Verrai fu cocchio d'oro alla mia corte,
Ove farà Tangile il tuo conforte.

44.

Tutta mi rallegrai a questi accenti;
E fenza folpettare alcuna frode,
Mi abbellifco con tutti gli ornamenti
Che poffan a donzella recar lode.
Viene il giorno prefcritto, e di concenti
Una dolce armonia per l'aer s'ode.
Monto ful carro, e il popolo s'affolla,
E di guardarini niun fi farolla.

45.

Giungo a Palazzo, e m'incontra Pinoro
Vestito anch' egli a gala ed allegrezza:
Di nobili fanciulle un gentil coro

Mi

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Domando di Tangile, e mi vien detto
Che già veniva, e il rio Pinoro intanto
Mi viene al lato pieno di diletto:
Ed ecco odo da lungi un fuono e canto
Ed il marito mio veggo in effetto;
Ma veggo gli occhi fuoi pieni di pianto,
Affilato lo veggio, e mezzo morto.
Mi guarda, e grida: M'offendefti a torto.

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Mourier.

Mourier.

Sein Richarder, der zu Paris 1764 heraus kam, war eine freie Uebersehung der ersten Hälfte des eben charakteris firten italianischen Gedichts, in achtzeiligen Stanzen. Ans statt aber diese Arbeit zu vollenden, entschloß sich Hr. Mous rier zu einer Umarbeitung in zehnsylbigen Jamben, brachte den ganzen Stof in zwölf Gesänge, und that vieles von seiz ner eignen Erfindung hinzu. Man hat daher seinen Nichars der, in dieser neuen Gefialt, mehr als Original anzusehen; und diesen Rang verdient er noch mehr durch die anmuthige Leichtigkeit der Erzählung, und die vielen eigenthämlichen Schönheiten, wodurch selbst mancher der nacherzählten Vors fälle noch einnehmender und intercffanter geworden ist. Zu den von dem franzßsischen Dichter neu eingewebten Episøden gehört auch die hier mitgetheilte. Richarder gerath auf feinen Ritterzügen, in der Morgendämmerung, in eine dde Gegend, wo er cine wehklagende Stimme vernimmt, ihr nachgcht, und endlich zu seinen Füssen den Kopf eines in die Erde verscharrten Frauenzimmers entdeckt, die ihnum Hülfe bittet. Er befreit sie. Lirine und Maugis kommen hers bei; und jene theilt ihre Kleider mit ihr. Alle drei find neugierig auf ihre Geschichte; und diese erzählt sie, wie feigt:

RICHARDET, Ch. XII. .

Seigneur, mon fort a de quoi vous furprendre.
Dans les états d'Ador, Roi d'Angola,
Chez mes parents je vivois retirée,
Mais je n'y pus, hélas! être ignorée.
De ma beauté par- tout le bruit vola;
En peu de tems il parvint jusqu'au Trône;
Ador bientôt me vit et me parla,
M'offrit enfin fa main et fa couronne.
Dans les tranfports d'un mutuel amour
Nous accufions la lenteur infinie
Des vains apprêts d'une cérémonie
Qui de l'hymen reculoit l'heureux jour,

Près

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