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Apostolozeno

AZANET.

Ei la rammenta, e fpeffo

Tacito ne fofpira; e a confolarlo

Non vale in tanta gloria,

Nè la grandezza fua, nè l'amor mio.

Trova fol qualche pace, allor che al petto
Stringe i due pargoletti

Suoi figli, e miei. L'uno ora bacia, or l'altro;

E in loro il guardo fifo,

Non fenza qualche lagrima, e fofpiro,

Sfoga così l'interno fuo martiro.

CRESCETE, ́alme innocenti. In nodo eterno
Stringavi amor fraterno:

Livor non vi avveleni: odio non v'armi.
Tace, e poi folama: Oh felli,

Oh barbari fratelli!

Oh fventurato padre,

Quante angofce ti cofta il troppo amarmi!

Così lor va dicendo;

È del fuo dir poco gli arcani intendo.

CON acque affai più chiare
Andria quel fiume al mare;

Ma l'onda in lui fi mefce

Di torbido rufcel con pie' fangofo.
Sarei più lieta anch'io;

Ma turba il gaudio mio

Quel duol, che inonda, ed efce

In lagrime, e folpiri al caro fpofo.

GIUSEPPE.

Quell' Ebreo prigionier, Ramfe, a me venga.

Quanto Egitto 'circonda,

E quanto giace dal fuo Nilo al mare

Regger m'è dato: onor non già, ma peso:

Non piacer, ma travaglio.

Giorni, oh quanto più lieti, io viffi un tempo,
Ebron, fra le tue valli! Oh rivederle,

E trarvi al pafco l'innocente greggia
Poteffi ancor! Potefli

Del

Del padre mio baciar la deftra ancora;
E i fanti udirne infeguamenti, e il mondo
Creato, e l'uom caduto, e l'acque, e l'arca,
Ed Abramo, ed Ifacco, e le divine
Promeffe, e d'Ifrael l'alte fperance?

Oh caro padre! oh mio Giacobbe! oh troppo
Difumani fratei! Taci, o Giuseppe;
Vien Simeon, che già ti volle estinto.
Crudel!.. Ma forfe, oh Dio, morte funefta
Gli altri m' ha tolti, e forfe

Ora a Giuseppe altro fratel non resta.

so, che quell' alma e perfida;
Ma veggo in quel fembiante
Ancor la viva immagine
Del caro genitor.
Non dee perfidia, ed odio,
In cor fraterno amante,
I facri nodi fciogliere
Del fangue, e dell' amor.

SIMEONE.

Ei mi guarda, e fi turba.

GIUSEPPE.

Nol difs' io, che impofture eran le voftre?
Pretefto di foccorfo, efploratori

Qui già vi traffe a macchinar congiure.
Nol difs' io? Nol prevvidi? Eran 'nimici
Que' fuppofti fratelli. Un anno è corfo:
Nè tornan anco? Ov'è la fede? Iniquo,
Del loro error tu pagherai la pena.

SIMEONE.

Teftimon fin del vero

Signor, ridirti il detto. Il menzognero

Mal foftien fue menzogne,

E ricordanza in falfità fi turba.
Fame érudel dalle natíe contrade

Apostolozeno

ᎠᎥ

Apostolozeno Di Canaan a quefta

Reggia ne spinfe, onde riftoro averne.
Dodici figli fiam di un folo padre.
Dieci tu ne vedesti;

L'un morte ne rapì; l'altro, il minore,
Alla cura è rimasto

Del vecchio genitor.

GIUSEPPE.

L'ombre ei potea

Diffipar de' miei dubbi.

Vel chiefi: il promettefte. A che sì lungo
Indugio? Egli non vien. Siete impoftori.

SIMEONE.

Ah, non altro il ritien, che amor di padre..
Al buon vecchio qual pena

Staccarfelo dal feno! A rifchi efparlo
Di cammin difaftrofo! Egli è l'oggetto
Dell' amor fuo, dell' età fua cadente
Il loftegno, e il conforto.

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(Dio, foftien mia fortezza). E quel Giuseppe Come ebbe morte?

SIMEONE.

In folti boschi errando,

Giovine incauto, il divorar le fiere,

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GIUSEPPE.

Il mio fofpetto è giusto.

Sappi, ch' io nel più chiufo entro de' cori.
Mal mi fi afconde il ver. Siete impoftori.

SIMEONE.

IMPOSTORI! ah, sì: nel volto
Mi fta fcritto

Il mio delitto.

Nego invano. Io l'ho commeffo.

Empio core,

Traditore,

Puoi celarti all' altrui guardo,

Non à Dio, non à te stesso.

Apostolozeno

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