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Coftui chi è, che conta

Più furti assai, che doni, e di cui nuoce

Più'l don, che'l furto, e più 'l favor, che l'onta?
Coftui, che regna, e nel cui regno è merto
L'ignoranza, e'l ben pigro, e'l mal veloce,
E'l salir dubbio, é certo

Il precipizio? La perfetta impronta
Dov'è, dov'è, che in effo

Stampò 'l gran Fabro? Oh perfido, e deforme
Genio dell'uom! difforme

Tu il Mondo fefti, ond'ei non par più desso,
Gran duolo il Fabro istesso

Già punse, e duolo il punge or più profondo
D'aver l'Uom fatto, che ha disfatto il Mondo,

VIII.

Così direte allora,

Figli, e in paffando per le umane ambafce,
Tra fconforti, e piacer, vedrete ognora,

Che come bagna sì, man non diffeta

Salfo umor; così 'l Mondo empie, e non pasce.
Ne, fe crudel Pianeta

Non mai v'apprefti ripofata un'ora;
Ne, fe implacabil Sorte

Faccia di voi quel, che di me fe fempre,
Vil doglia il cor vi ftempre.
Rende il Verno le piante egre, e sì fmorte
Di fuor, che fembran morte;
Ma il gelo ifteffo, che le uccide, in lora
Forma occulto di vita alto lavoro,

IX.

E sì di pomi han grave

Pot ciafcun ramo, che del caro pesa

Pajon

Fajon quafi pregar, che altri le fgrave,
Così, fe ingiura d'indifcreto Verne
Quelle, onde 'l verde Tronco era difefo,
De' voftri rami a scherno,

Foglie vi toglia, e'l fuo furor più aggrave,
Forfe averra, che nuova

Mirabil trama in voi di frondi, e fiori

L'afpro Deftin lavori,

Che qual fe fteflo il fuol varia, e rinnova
Con portentofa prova

rinafce

Tal come 'l Male, il Ben muore, e
Che altro il Mal poi non è, che un Bene in fafce.

X.

Pur fe è Deftin, che ignuda

Voftra umil Pianta le fallite cime
Moftri, e lei fempre il passeggier deluda;
Vinca, vinca il Deftino. In voi faranno
Le glorie del foffrir vie più fublime
La dignità del danno.

E della forte più rabbiofa, e cruda
Tra le più ree tempefte
Vera invitta umiltà de' fuoi difpregi
Fia, che f'adorni, e fregi;

Onde affetti non frali Amor celefte

In voi trapianti, e deste,

E quella Fè produca, e quel defio,
Che in Dio fi ferma, e Dio fol chiede a Dio.

XI.

Figli, all' eftremo paffo

punge

Già già m'accofto; e non leggier mi
Cura di voi, di me: di me, che paffo,
Di voi, ch' io lafcio. Un amorofo ftrido

Or'

Filicaja.

Filicaja. Or' alzo, e quanto il fuono andar può lunge.'
Udite, udite, io grido:

Gran Patrimonio alla mia Prole io laffo;
Odio, difprezzo, e obblio

De i ben caduchi, e de gli eterni zelo.
Questo, che a voi disvelo,
Ultimo teftamento è del cor mio.
Se genio in voi & poi
Refterà; di chi parte, e di chi resta
Ben degna, o Figli, eredità fia questa.

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J. B. Rousse a u.

Vielleicht ist keine höhere Odengattung der französischen Sprache so angemessen, als die philosophische; wenigstens scheinen mir die Stücke dieser leztern Art von ihrem berühmtesten Odendichter, und vornehmlich das hier mitgetheilte, manche Vorzüge und eigenthümliche Schönheiten der Gefinnungen und des Ausdrucks zu haben.

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J.B. Rouse seau.

Je

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