In tanta fiegui il nobile tuo volo, Cigno animoso, e non degnar dal Cielo D'un guardo pur quei nubilosi stagni, Ove ronzan gl' insetti di Parnasa, E in seno a eternità credon sull' ala D'un Madrigal poggiare o d'un Sonetto. Non quegli in cui tepor d'estranio fuoco Il petto scalda, e sì ne agghiaccia altrui; Ma quegli bene alla cui mente spira Degli erranti fantasmi ordinatrice Aura divina, e ch' or nel molle Sciro, Or d'Affrica sul lido, ora mi pone Sull' aureo Campidoglio ed or di speme Or di vani terrori il petto m'empie Degli affetti signor, quegli è il Poeta, Di Flacco in sulla Lira Apollo il canta, E adombra Metaftafio ai dì venturi Verace Nume. A piena man spargete Sovra lui fiori, e del vivace alloro „Onorate l'altissimo poeta.
Von den Lebensumstånden dieses Dichters, der sich uns ter den neuern italianischen durch eine überaus gluckliche Leichtigkeit und Fruchtbarkeit seines Talents so vorzüglich auszeichnet, will ich hier eine kurze Notiz geben, da ich sie bisher in literarischen Werken, selbst in Hrn. Adelung's Fortsekung des Idcherischen Lexikon's, vermisse, wo dieses Schriftstellers nur mit wenig Worten gedacht wird. führlich sehe man darüber die im ersten Bande seiner Werke befindlichen Memorie della vita di Carlo Innocenzio Maria Frugoni. Er stammte aus einem alten Geschlechte zu Ges nua, wo er den 21. Nov. 1692. geboren wurde; lehrte An= fangs zu Brestia und Rom im Collegio Clementino die Rhes torik, hielt sich aber nachher in verschiedunen Städten Italiens auf, besonders zu Parma und Piacenza, wo er an dem Herzoge Franz, und dessen Nachfolger, Antonio von Parz ma große Gdnner fand. In Parma blieb er, unter abwech selnden Glücksumstånden, auch während der nach des lekten Tode erfolgten kriegrischen Unruhen. Im J. 1744 gieng er nach Venedig, wo er durch Algarotti mit dem englischen Gesandten, Mylord Holderness, bekannt wurde, der ihn einige Monate hindurch unterstükte. Nach dessen Abreise gieng er 1745 nach Parma zurück. Im J. 1757 wurde er Lehrer des Jufanten Ferdinand, Sohus des Infanten Phis lipp, dem durch den Nachner Frieden die Herzogthumer Parma, Piacenza und Guastalla zugefallen waren. Dem ungeachtet begab er sich, als Philipp gestorben war, 1766 wieder nach Genua, und lebte bei einer Verwandtin. Hier führte er unter andern bei der Nota wegen einer Erbschaftsfache einen Prozeß in Versen, wovon die poetischen Akten in seinen Werken, T. IX, p. 51---82. abgedruckt sind. Er starb daselbst den 20. Dec. 1768. --- Hier ist einer von den poetischen Briefen dieses Dichters in reimlosen Versen, welche man auch in dem ersten Theile der Versi Sciolti di Tre Ec-、 cellenti Moderni Autori findet, die zu Mailand, 1758. gr. 12. und mehrmals gedruckt sind.
AL SIG. CO. AURELIO BERNIERI.
Bernier, su quest' Aurora, i 'non so, come
Desto mi son, che il Cacciator non lungi Romorreggiando per le secche stoppie Giva inseguendo, e ne le tese reti Cacciando le pedestri, incaute quaglie Immemori de l'ali, e de la fuga: Nè so, perche di buon mattin mi fia Desto oltre l'uso. Su le mie palpebre Vapor tenace di soave fonno Dai papaveri suoi Morfeo diffonde, E rado, anzi non mai rinafcer veggio La nimica de i Ladri, e degli Amanti Ridente Spofa, che de i fior nudrice Del rugolo Titon lasciar s' affretta I vani amplessi, e le infeconde piume. Pur non potendo le vegghianti ciglia Più ricomporre in placida quiete Presi a pensar sotto le molli coltri A me sì care, or che sentir si fanno A i delicati ed a i Poeti infeste Le fresche mattutine aure d'Autunno, Presi, dico, a pensar, per quante vie Desiosa d'onor schiera d'ingegni Poggiar s' affanni ful canoro Monte Per aver colassa, se pure a Febo Sarà in grado e ale Dee dotta ghirlanda Di sacro Lauro, e d'amoroso Mirto.
Questi tentando su le dubbie scene Di mutate fortune illuftri esempli Grave si calza il Sofocleo Coturno, E quando estima in Teatrale Arena Del taciturno Popolo, che ascolta Di secreto terror compunger l'Alme, E di pietade, che furtiva i volti Dinaspettate lacrime cosperga,
frugoni. Vede nojosa, e come marmo fredda L'accolta Gente, che su i folti scanni Si torce sbadigliando, e lassa chiede Che d'alto in giù la mal sospesa tela Caggia, e l'ingrato recitar finisca.
Quegli in cor volge, e ne le lunghe notti,
E fu le chete, e limpide mattine Va meditando, se pur possa a i fonti Ber del culto Petrarca, e gentilmente Com'egli feo, filosofar d'amore. Altri poi schivo di servil catena Prova, se col favor de l'alma Euterpe Possa emulando il Savonese ardito Nove liriche vie, novi colori Crear cantando, e su le proprie penne Libero, e novel Cigno, a i Numi alzarfı; Ma chi di Sorga a i puri rivi attinga Raro è affai più, che sul dorato Gange L'augel che ardendo in odoroso rogo Incontro al Sol dal cener suo rinasce: So ben, che imitatrice immensa turba Del maggior Tosco pochi sensi, e poche Richerche parolette, e scelti modi Mal ne' fuoi versi dilombati, e d'arte Voti, e di genio a gran fatica intesse, E povera del fuo, mal fra suoi cenci, Senza rossor del disadatto furto, Par s' argumenta, e d'ostentar non pave Splendenti striscie di purpureo panno. Chi poi vago di gir per anco intatte Da poetico piè strade, che primo Pindaro tenne, e con felice ardire Flacco poi corse, e ricalcò di poi Il Savonese mio, che primier seppe Pien d'immagini vive, e caldo d'estro Armar di Greche, e di Latine corde L'Itala cetra, oh come a i passi incerti In ful duro cammin sente, che in breve Manca lena, e configlio, e come tardi
Scorge, che a pochi da le Muse è dato Stampar perenne, e memorabil orma Su quei sentier ricchi di luce, e sparsi Di velato saper, che de l'ignaro Vulgo fugge gli sguardi, e i Saggi fuole Ferir di meraviglia e di diletto! Io più ch' altri, mel so, che mal foffrendo Soverchie leggi al poetar prescritte Solo feconde d'abborrito stento, Non senza studio, di natura volli, Come de la Miglior Maestra prima Ir secondando i buon principj, e i moti; E quasi nuotator, che usato, ed atto Senza corteccia a contrastar con l'onda Fra'l nautico favor fi lascia addietro Lo stuol seguace, e l'arenosa riva, Ne le nervose gambe, e ne l'esperte Braccia affidato, e ne l'audace petto, Senza sostegno, e guida anch' io credei Franco poter per l'Apollineo Regno Prender, qual mi piacea lunge da gli alteri Novo viaggio, e forse il prefi, e forse, Quando, me fatto già invisibil' ombra, Vivo il mio nome prenderatli a scherno La gelid' urna, e le ragion di morte, Ne farà tede ongli lontano tempo Giudice più sincero, e ne' miei carmi Non folo certa esterior vaghezza Di forme, e di fantasmi, e certo dono Facile di cantar, ma pur fra i lumi Del difficile stil, come fra belle Adorne veste signoril Matrona Troverà in volte quell' egregie cose, Che acconciamente true Poeta accorto Da le scienze, e dir s' udrà: Costui Vide, e conobbe ancor le illuftri fcole. Come poi raro fia, chi dopo Plauto, Padre del rifo, e de i giocosi sali, E il candido Terenzio agguagli il prisco Menandro, ea i nostri di pregio a le Tosche
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