Non baftin occhi, mani, orecchie, e bocca? S'io poteffi vorrei tutti caftrarli
Perche di lor fi finiffe la razza
O per Comici almeno fbattezzarli. Parmi fentir chi dica: Giura, impazza Non fento ful Teatro, ma affai bene E piu d'ogn'altro fento in Casa, o in Piazza Poiche ftupido il fenfo hai fu le fcene E'dorme in te Natura in quell'istante Per risvegliarla ceder mi conviene Abbi dunque uno fpecchio a te d'avante E per arte forzando i sensi tuoi O fenti, o fallo credere all'aftante; E la tanto vantata ignota a Noi Arte Mimica cerca, penfa, inventa E fia fittizio il ver s'altro non puoi Nel pianto fia però cauta, ed intenta L'arte a non sfigurar la faccia in guifa Che produca l'oppofto, che apprefanta Donna la cui beltade imparadifa
Ho veduta in Teatro diformarfi Cofi piangendo, che traea le rifa Se conofci però che digrignarfi Tanto poffu il tuo volto lo raffrena; Del poco è meglio all'ora contentarfi Non con gli ftridi, man con voce amena, Languido fguardo, ed un vifo dimesso Esprimerai ancora, e pianto, e pena Ora parliam d'un finto pianto: fpeffo Ne la comedia, Giovane, o fanciulla Ufarnol fanno, e vel dimoftro efpreffo Donna, cui per amore il capo frulla
Gode di molti amanti aver corteggio E di tutti per fcherzo fi traftulla; Ma poi nel arduo, e lubrico maneggio Si trova di tal forte inviluppata, Che diftinguer non fà dal male il peggio Stà per effer da tutti abbandonata; Ma ciò che più le cuoce, e più le preme Da chi più fente effere amante amata
Riccoboni, Per onta, e per dolor fpafima, e freme
per tenerlo fra fuoi lacci avvinto Artificio famente piange, e geme Verace a lui, a' spettatori finto
Deve apparir quel pianto, e dee vederfi L'Inganno con il ver giunto, e diftinto Or io per farlo ho veduto valerfi
Di modi fi affettati, che il delufo Del falfo non potea non avvederfi Non mai s'avrebbe fatto un miglior ufo Del pianger vero, fe in un cafo tale Di lagrime fi avefle fparfo il mufo Un occhiata, un forriso a parte, vale Per dimoftrar che fingi al uditorio Ma in ver l'amante falla al Naturale Se ciò farai, fenza Stola, e Afperforio Gli uditori faran quai spiritati O quall' anime pinte in Purgatorio Sono quefte le reti, e fon gli aguati Ove il Comico attende i fpettatori Per renderli confufi, edificati Poiche d'un doppio finto ammiratori Veggon, che fenza ancora il fentimente Fingi il pianto, e da vero t'addolori In ciò confifte l'Arte, ed il talento: Arte di cui fenza parlarti, scuole E Maeftri averai ben mille e cento Non le cercar però fra le Carole
Di Villaresca gente, ma nel feno D'alta Superba, incomprenfibil Mole Là dove un Re di fua grandezza pieno Circondato da turbe adulatrici
Mite, o Feroce impone a tutti il frene Una catterva di perfetti amici
Altrove non trovata e non veduta T'offriranno le Corti fedutrici
Offerva quei, che abbraccia, e che faluta;" Colui che del fuo Re gode il favore: Ne i baci ha un finto mele, e tosco fputa
Quei che fpafima e piange pel dolore
Dell' disgraziato Amico: Ah Coccodrillo ! De la machina è deffo l'inventore
Quel Tutore, che il povero pupillo
Come fuo figlio al Re prefenta, e implora, Si mangia il teftamento, e il codicillo. E quel Guerrier, ehe il Vincitore onora Maledice la Spada del nemico
Che mai la Coratella nongli fora E gli altri tutti non vagliono un fico; Son finti irifi, i pianti, e fono finte Cofe, che perroffore io non ti dico Su quei volti fi vedon certe tinte
Ignote a Rafael, Guido, e Tiziano Che infidia, ed amiftà pinfer diftinte; Ma qui fimulatrice induftre mano
Dà un color di Modefto al Diffoluto E di fincero amico ad un Marrano. E par fi vero il falfo, che il più aftuto Deve creder menzogna la quartana La toffe, il mal di ventre, e lo fternute Di queft' Arte però rara, e foprana Prefa, che aurai un poco di lezione Finger faprai la paffion piu ftrana Reftino con la Pace di Marcone
I Cortigiani, che la fanno ufare Ed intuoniamo omai altra canzone Il pianto, ed il dolor lasciamo andare E fi parli del Rifo che è il Gioiello Senza cui la Commedia non può ftare Che ridan gli uditori è buono, e bello
E che rida l'Attore ancor confento Qual' ora a gli altri ferva di Zimbello:
Riccoboni, Ma che rida forzato, e con istento Di cofa non rifibile, e allor quando
Gli spettatori ftan qual fcoglio al vento Non fi conviene, e ben ti raccomando
Di non lo far, che niente è piu gelato Che il veder te giulivo ridachiando E l'Uditorio trifto, ed annoiato.
S. von ihm B. II. S. 153. Sein Lehrgedicht, L'Art Poetique, in vier Gesängen, wird von den Kunstrichtern gez meiniglich als sein Meisterwerk betrachtet, und hat unftreiz tig große Verdienste, von Seiten der darin besiegten vielfåltigen Schwierigkeiten, der schönen und korrekten Verse, und des darin herrschenden richtigen und feinen Geschmacks. Durchgängig ist zwar die Nachahmung der Horazischen Epistel an die Pisonen in diesem Gedichte sichtbar; aber dies se Nachahmung selbst ist so glücklich, und mit vielem eignen Antheil so geschickt verwebt, daß Boileau's Lehrgedicht ein schöneres, regelmäßigeres Ganze geworden ist, und seiner gans zen Anlage nach werden mußte, als der seiner Natur nach minder planmäßige horazische Brief. In dem ersten Gesange ertheilt der Dichter allgemeine poetische Vorschriften, vornehmlich über Sprache und Schreibart, und empfiehlt, besonders in der hier ausgehobenen Stelle, die Benukung einer gesunden und unpartheyischen Kritik. Zugleich ver folgt er die Geschichte der französischen Poesievon Villon an, bis zum Malherbe. In den beiden folgenden Gesängen geht er die verschiednen Dichtungsarten durch, und charaktes risirt fie, sowohl ihrer Form als Materie nach, überaus glücklich. Dann kommt er im vierten Gesange wieder auf allgemeine Vorschriften zurück, die den Dichter jeder Gats tung angehen. Auch hier wird die Geschichte der Poesie mit eingeflochten, und zuleßt das ganze Gedicht mit dem Lobe Ludwigs XIV, und einer Auffoderung an die Dichter, ihn zu besingen, geendigt. --- Vergl. Dusch's Briefe, n. A. Th. I. Br. 18.
ART POETIQUE, Ch. I. v. 155. fl.
Sur tout, qu'en vos Ecrits la Langue reverée, Dans vos plus grands excès vous foit toujours fa
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