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Niccobon i.

Riccoboni.

Lodovico Niccoboni, gcb. zu Modena um das Jahr 1682, geit. qu Paris, 1753. Er war felbft Schauspieler, und, nach vielen vergeblichen Bemühungen zi!r Verbesserung der Bühne seiner Nation, Anführer einer zu Paris 1716 crs richteten italianischen Gesellschaft bis 1729, da er als Hauss hosmeister in die Diensie des Herzogs von Parına gieng, nach deffen Tode er aber wieder zu Paris, vom Theater ents fernt, lebte. Sein Gedicht L'Arte Rappresentative, welches aus sechs Abtheilungen, oder Capitoli, bestellt, schrieb er fchon in seinen jüngern Jahren. Es ist als Anfang des er: ften Bandes reiner Histoire du Theatre Italien, unter der Aufschrift, London, 1728, gr. 8. gedruckt. Er hat darin die vornehmsten Regeln der Schauspielkunst, vorachrulich in Nücksicht auf seine Nation und auf die komi che Gattung, zwar nicht sehr methodisch, aber lebhaft und eindringlich vorgetragen; und manche dein Dichter und Schausricter ge gebiie Winke, manche von andern ganz übersehene feine Her merkungen, verratten den geübten Stůnstler, der sich damals sdhon viel Erfahrung gesammelt, und über seine Stunft reift lich nachgedacht hatte. In dem hier mitgetheilten vierten Kapitel lehrt er den angehenden Schauspieler die Pflichten, welche er in Anschung des Gebehrdenspiels, der Ab&nberuns gen der Stinne, und des lebendigen Ausdrucks der {cidents schaften zu beobachten hat, und ermuntert ihi, dieß alles in der Natur und im wirklichen Leben zu ftudiren.

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Riccoboni., No: mi rispondi; lo sguardo è rivolto

De' spettatori miei al portamento

Di tutto il corpo ben ornato, e colto
Şi poco spazio è da la fronte al mnento

Che non lo vedon gli occhi traviati

Dalla voce, e d'e membri al movimenta
Se ció fia ver dimandala' a que' Frati

Che al Novizio nel suo primo sermone

Dissero ch'eran zucche gli appostati.
Oh! se agli occhi di tutte le persone

Fofle appicato un filo, e si portasse

Al punto ove lo sguardo fi difpone!
A quai de' meinbri credi fi attaccalle

La Gomena formata! solo al viso

Ne altrove pensar già che terminasse
A tutti quanti gli uditori fiso

Guarda negli occhi, e ogn'un di lor vedrai

Pender da' tuoi, quasi d'amor conquiso.
Trema di quegli sguardi: se not fai

Aspetta ogn'un di piangere al tuo pianto,

O come i tuoi farli sereni, e gai.
Or di che non importa tanto, o quanto

D'aver cura al tuo volto, le alui dei

Interamente la vergogna, o il vanto
Presta dunque l'orrecchio a i detti miei,

E le bella ragione li produce

E tu guidare lasciati da lei
Saggio Pittor, che il Glorioso Duce

Pinge, e del voto il sagrificio casto

A cui incauta Religion l'adduce;
Seguendo di sua mente il pensier vasto

Di molta turba l'ordine comparte

Con maestro disegno, e vago impasto
Sol nel Quadro disposti a parte a parte

Il sacerdote, ed i serventi suoi

Che il coltello, e la fiamma hanno in disparte
Indi il Padre, e la figlia, e vengon poi.

La Nutrice, i Famigli, e de Guerrieri
Tanti che appena numerar puoi :

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Riccoboni.

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Spiegate insegne, bellici destrieri,

Vestimenti conformi, ornato altare,

E in un falcio Corazze, Aste, e Cimieri
Il tutto è grande, e noblimente appare

Ma non basta : Conviene al dipintore

Un dolor vario in tutti dimonftrare
In lui zelo di fè, paterne amore.

Un rafgegnato core in Lei fi vede,

E ne' Ministri espresso un lacro orrore
Fra le donne, chi piange, e chi mercede

Addimanda le braccia in alto alzando
E chi dall'atto il guardo retrocede :
Altri con occhio bieco rimirando

L'apparato funefto, tu diresti

Che contro il ciel s'adira bestemiando
Oh gran Maestro! ėd onde mai traefti

Tant arte per esprimer la Natura!

In cento un fol dolor vario pingesti
Ascoltalo, e diratti, che non fura

Quel Vero che dal Vero, egli lo trova

Nel uom perfetto, e all' uomo lo affigura
Vuoi tu piu chiara, e piu evidente prova

Per conoscer che il volto è quel Cristallo

Che a nuovo oggetto, l'oggetto rinova?
Stà dunque attento, e non por piede in fallo;

Han luoi gradi il dolor, la gidia, appunto
Come gli ha ogni color fia Perfo, o Giallo,
Di: se a colui, che fosse d'amor punto

Da parenti negato gli venisse

In nodo marital d'esser congiunto;
Poi destinati all'amata sentisse

Che fossero dall padre altri sponsali

(Bene per cui fol respiro sol visse)
Indi
per

colmo di
Che la fanciulla amante, e disperata

Portati avesse al sen colpi mortali!
Tu vedi i gradi; Voglia contrastata

Speme languente, e per acerba morte

Disperazione al fin d'alma aggravata,
Då prima il tuo dolor fiafi men forte

pene e di mali,

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Riccoboni. Nel mezzo aumenti, e poi fino al estremo

In ultimo egli è duopo che si porte
Tiene, mi dici, il carico suprem

La voce nel dolor, se con suoi tuoni

Può di notarlo grande, tenue, o scemo
E’ver, ma se alla voce non componi

Ancor gli occhi, e le guance e il ciglio irsuto
"Non accordi di quella à i varj suoni:
Non sarà mai pensato, ne creduto

Che tu senta il dolor, che non esprimi

E se nol fenti, addio! tutto è perduto.
E'difficile il sè: ma pur t’ imprimi

Nel cor quel arte che i Romani antichi

Vantavan tanto ne suoi Pantomimi.
I Popolari, i Pricipeschi intrichi,

L'Amore, l'Amistà, l'Odio, la Pace

E frà pensieri onesti gli impudichi:
Tutto, tutto esprimevan fi verace,

Che fu chi disle molt' anime avere

Tal un piu d'altri vivo, ed efficace.
Pur non avean che il moversi e il vedere

Color, del tutto privi de la voce

De' fenfi efpofitrice al tuo parere
Or, per la gioia, o pel dolor piu atroce

E' possibil, ch'ancor senza parlare

Sentisser ciò che piace, afflige, o cuoce ?
Io non lo credo: il cor solo aggravare

Può di doglia l'intender la sentenza

Con adeguato suono pronunziare.
Or come era in color tanta eccellenza

Che per gli occhi facessero fentire

Pena, e diletto a tutta l'audienza!
O fe fentivan fenza proferire,

Per trasforinarsi qual arte maggiore
Doveasi in loro! nol saprei ridire
Oh ben degni d'illustre eterno Onore!
; Di Comici si ascolta oggi, e si tocca

E non mostran sentir gioia, e dolore
Forse in costoro è fi languida, e sciocca

Madre Natura che per animarli

.

Non

Riccoboni.

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Non bastin occhi, mani, orecchie, e bocca ? S'io potessi vorrei tutti castrarli

Perche di lor si finisse la razza

O per Comici almeno sbattezzarli. Parmi lentir chi dica : Giura, impazza

Non fento 1ul Teatro, ma assai bene

E piu d'ogn'altro lento in Casa, o in Piazza Poiche stupido il senlo hai su le scene

E'dorme in te Natura in quell'istante

Per risvegliarla ceder mi conviene Abbi dunque uno specchio a te d'avante

E per arte forzando i fensi tuoi

O fenti, o fallo credere all'astante; E la tanto vantata ignota a Noi

Arte Mimica cerca, pensa, inventa

E sia fittizio il ver s’altro non puoi Nel pianto fia però cauta, ed intenta

L'arte a non sfigurar la faccia in guisa

Che produca l'opposto, che apprefanta Donna la cui beltade imparadifa

Ho veduta in Teatro diformarsi

Cosi piangendo, che traea le risa Se conosci però che digrignarsi

Tanto poslu il tuo volto lo raffrena;

Del poco è meglio all'ora contentarsi Non con gli ftridi, man con voce amena,

Languido fguardo, ed un vifo dimesso

Esprimerai ancora, e pianto, e pena Ora parliam d’un finto pianto: 1pesso

Ne la comedia, Giovane, o fanciulla

Usarnol fanno, e vel dimostro espresso Donna, cui per amore il capo

frulla Gode di molti amanti aver corteggio

E di tutti per scherzo si trastulla; Na poi nel arduo, e lubrico maneggio

Si trova di tal forte inviluppata,

Che distinguer non là dal male il peggio Stà per

esser da tutti abbandonata; Ma ciò che più le cuoce, e più le preme Da chi più sente essere amante amata

e

:

Per

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